Vailate 05 dicembre 2024
Esperienza diretta con la sanità italiana.
Ce la racconta Flavia Capelletti, di Vailate, disabile.
“Sono a casa mia e sto felicemente creando un alberello di Natale, canticchiando una canzone. Un movimento sbagliato e la sedia si è ribalta. Cadendo non mi faccio nulla, anzi ci rido sopra, ma nel tentativo di rialzarmi la rotula esce e quindi ambulanza e ospedale. A soccorrermi arriva un’autolettiga della Croce Bianca di Rivolta, il top: personale gentile e preparato, veloce e umano. Arrivata però all’ospedale di Treviglio mi sembrava di entrare in un altro Stato.
Dico subito al personale che è uscita la rotula, che serve un ortopedico, che non è la prima volta che mi capita e che conosco il dolore che si prova. Dico anche che più la rotula rimane fuori, più fa fatica a sistemarsi. Vogliono farmi prima una radiografia. Attendo ed imploro un antidolorifico tra una fitta e l’altra ma niente. Mi dicono che dev’essere il medico a somministrarmelo e che devo aspettare. Nel mentre sento anche una signora anziana che chiede un bicchiere d’acqua, anche pagando, ma viene completamente ignorata.
Arriva con calma il mio turno per la lastra e… sì, è proprio la rotula.
Ma dai???! Mi somministrano l’antidolorifico e chiamano l’ortopedico reperibile per sistemarla. L’ortopedico non arriva e quindi un chirurgo, per umanità, si offre al suo posto. Mi sedano ed effettuano la manovra ma la rotula esce di nuovo altre due volte e la seconda la sento anche da mezza addormentata. Mi sedano di nuovo e mi mettono una stecca. Ok, incubo finito ma ne inizia un altro. Mi mettono in una stanza del pronto soccorso, sempre sulla lettiga, mi lasciano senza una coperta e con il pantalone tagliato. Chiedo la coperta e mi mettono un lenzuolo che, pazienza, è sempre meglio di nulla. Sopporto il freddo anche perché sento che arrivano altri pazienti doloranti e io in fondo non avevo più dolore. Nella stessa stanza un paziente con Alzheimer grave, lasciato lì senza un’assistenza, tenta anche di farmi pipì addosso essendo convinto di essere arrivato al bagno (ma era davanti a me) e per tutta la notte chiamo io gli infermieri ogni volta che questo diceva di aver bisogno.
Chiedo un tè essendo affamata e senza cena, ma nulla. Alle 10.30 del mattino seguente si palesa un ortopedico. 'Niente di rotto, manda un parente a prendere questo tutore - mi dice, - te lo mettiamo e vai a casa'.
Ok. Nel mentre imploro ancora la coperta e la colazione ma arriva la coperta e basta.
Arriva mia cugina col tutore, ma… mi dicono che non possono metterlo loro, in pronto soccorso, che deve arrivare il tecnico che me l’ha venduto (bastava dirlo prima). Il tecnico però non può lasciare il negozio in quel momento e arriva alle 17.30 circa. Mi liberano attorno alle 18.15. Mi hanno dato un pranzo alle 14.30.
Ringrazio chi ha mostrato umanità ma mi chiedo come sia possibile una cosa del genere e un così scarso amore per il proprio lavoro da parte di alcune persone".
Flavia Capelletti