Dal territorio, 02 settembre 2024
(Sara Barbieri) C'era una volta un gioco. E in alcune sagre di paesi cremaschi eccolo tornare. E sembra piacere molto.
Sono i giochi dei nostri nonni, quasi sempre da fare all’aria aperta. Richiedevano fantasia e creatività, velocità e destrezza, ingegno e memoria, abilità fisica e mentale e quel pizzico di consapevolezza che può aiutare a crescere. E, aspetto importante, erano a costo zero. Essendo senza costi erano aperti a tutti e avevano semplicemente lo scopo di divertirsi.
Un tempo erano i bambini stessi a costruire i loro giochi utilizzando materiali di scarto riciclati e reinterpretandoli. Così, si partiva da legno, sughero, carta e cartone, stoffa, latte e barattoli.
E oggi sono ritornati di moda in alcune feste d’estate, come nella sagra di Pieranica di fine agosto, attirando la curiosità e catturando l’attenzione dei bambini (ma anche dei genitori).
L’obiettivo è duplice: vivere le semplici emozioni del giocare insieme e fare un paragone tra i giochi semplici di un tempo e quelli di oggi cogliendone pro e conto, rispetto agli schermi luminosi di computer e cellulari.
Di che giochi stiamo parlando? Si parte da trottola e girotondo per poi passare alla carriola, dalla cavallina al gioco dei tappi a corona (come pure biglie e palline di terracotta), dai cerchi di metallo ai quattro cantoni, dal saltaricchio alla corsa con l’uovo.
Rivedere i bambini alle prese con la manualità, durante le sagre, ha con sé anche il valore di vivere il presente in modo intenso, usando testa e mani. In questi giochi il linguaggio del corpo è importante ma sono essenziali anche la mente e le emozioni.
Sono tanti i giochi della tradizione e i laboratori creativi, che consentono di riscoprire l’antica sapienza artigianale attraverso la naturalità. La maggior parte utilizza il legno come base, per poi inserire numeri, frecce, tappi di sughero, percorsi e figure geometriche.
Un grande classico? L’intramontabile nascondino (in dialetto scondaléegor) con la conta.