Crema 26 agosto 2024
(Bernardo Zanini) C'erano una volta piatti svelti da preparare e gustosi che facevano venire l'appetito anche con il gran caldo.
Ecco i piatti di una volta (ma anche di oggi) e come si preparavano.
Il vitello tonnato, storia e ingredienti
Il vitello tonnato o vitel tonné, è un piatto che si può servire sia come antipasto, sia come pasto completo che, pur essendo adatto in tutte le stagioni, si mangia freddo specialmente d’estate. La sua origine sembra essere piemontese di Cuneo, della fine del XVIII secolo, anche se la ricetta viene rivendicato anche da Lombardia, Emilia e Toscana. Nel 1891 compare nella Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene di Pellegrino Artusi, che descrive la preparazione fredda per i mesi estivi (era uno dei piatti preferiti di Ferragosto del nord d’Italia, insieme a melone e prosciutto e all’insalata di riso). L’Artusi prescrive vitella da latte, coscia e culaccia, condita con acciughe e poi bollita con due chiodi di garofano, una foglia di alloro, carota, sedano e prezzemolo. La carne veniva tagliata in fette sottili e tenuta in infusione un paio di giorni in una salsa a base di acciughe, tonno sott’olio, limone, olio e capperi. Il brodo che rimaneva veniva usato per fare un risotto saporito. Nel cremasco si usa il magatello o rotondino che si fa lessare con cipolla, carota, sedano e una foglia d’alloro, si toglie la carne e si fa raffreddare. Quando la carne è fredda, metterla in una scodella e coprire con il brodo, metà carne, una fetta di limone, una goccia di aceto, una foglia di alloro e un chiodo di garofano. Girare la carne dopo qualche ora. Per la salsa: tonno sott’olio, una manciata di capperi un paio di acciughe, maionese (che una volta, in mancanza di confezioni industriale, si faceva in casa, con le fruste a mano) brodo quanto basta, limone e far passare nel bicchiere del frullatore. Oppure passare tonno e acciughe nel passaverdure, aggiungere olio, limone, brodo fino ad ottenere una salsa non molto liquida, aggiungere i capperi. Tagliare la carne a fette e ricoprirla di salsa.
Conserve sott’olio e sott’aceto
Le conserve sott’aceto hanno una storia remota. Nel 4000 a.C. furono i babilonesi i primi a conservare i datteri e l’uva sottaceto. Poi nell’antica Roma a ogni pranzo, veniva lasciata a ciascun commensale una ciotola d’aceto, detta acetabulum a volte aromatizzato con erbe, dove si intingeva il pane e si sciacquavano le mani e la bocca, tra una portata e l’altra. Un’altra insalata era l’acetaria di cui scrive Apicio, un’insalata con verdure e frutta condita con salse a base di aceto, poi cita anche il moretum, antenato del nostro pesto, fatto con erbe, sale, formaggio, olio e aceto.
Nelle vie di Roma antica c’erano dei baracchini ambulanti che vendevano la posca, una bevanda dissetante a base di acqua e aceto, usata dai legionari, antenata della bevanda che usavano i nostri contadini per dissetarsi durante il lavoro nei campi.
Fino a quando non migliorarono le tecniche di lavorazione della terra e dell’agricoltura, bastavano una grandinata o altri fenomeni atmosferici improvvisi per rovinare i raccolti, i contadini si salvavano con i sottoli e sottaceti, una scorta per i mesi invernali e da usare durante l’anno. Secondo degli studi sul 1400, furono i frati benedettini e cistercensi i primi a preparare delle conserve sott’olio, con erbe aromatiche come l’alloro, il rosmarino o la salvia, che poi usavano durante l’anno e nei mesi invernali per accompagnare la dieta ricca di pesce e di verdure di stagione.
Le conserve sott’olio si accompagnano bene in tutte le stagioni con svariati cibi, in autunno e nei mesi invernali si usano con la carne e la lingua lessa, con patate lessate e maionese. Nei mesi estivi si consumano con l’insalata di riso e con il vitello tonnato e non dimentichiamo l’uso dei toast farciti o anche nelle bruschette.
In alcuni paesi del cremasco molte persone facevano le conserve sott’olio, di funghi, carote, sedano e cipolle, di zucchine, peperoni, melanzane e anche di pomodori verdi.
Salsa di pomodoro, ingredienti:
Pomodori San Marzano, tagliarli a metà e farli bollire in una pentola, togliere l’acqua superflua e poi passarli con la macchina apposita o con il passaverdure (operazione da ripetere almeno due volte) e imbottigliare a freddo in bottiglie da uno o da due litri, mettere un grammo di acido salicilico per ogni chilogrammo di pomodori. Alcune famiglie facevano bollire i pomodori aggiungendo cipolla, sedano e carote.
Funghi sott’olio
Il periodo migliore per raccogliere i funghi chiodini è l’autunno, si colgono nelle campagne e poi si lavano bene sotto l’acqua fredda per togliere la terra, poi si fanno sbollentare e si tagliano a pezzi per riporli in un barattolo di vetro, con erbe aromatiche, come l’alloro e altre a seconda della tradizione contadina dei vari paesi. Poi si riempiono di olio d’oliva e si comprimono con un cucchiaio per fare uscire eventuali bolle d’aria, quindi si fanno riposare al buio in un locale fresco. Lo stesso procedimento si può usare con qualche variante anche per fare sedano, cipolle, zucchine, peperoni e melanzane sott’olio.
La giardiniera
La giardiniera o antipasto campagnolo era nota già nel 1700. E' un composto di ortaggi misti spezzettati come le carote, il sedano, zucchine, peperoni, cipolline e cetrioli, in alcune ricette è presente anche la salsa che aggiunge un tocco magico per il palato. Nel territorio cremasco veniva fatta nelle case dei nobili tra il 1800 e il 1900 e usata come contorno nell’antipasto con salame, prosciutto crudo, pancetta e coppa piacentina. Si serviva con un vino bianco Malvasia e anche col vino rosso di Madignano fatto dai conti Martinengo. Secondo altre testimonianze raccolte da persone anziane negli anni 80, anche i conti Vimercati di Torlino la facevano fare dal personale della cucina e poi la servivano nei loro pranzi, accompagnati dal vino rosso Guazzachino, fatto con un vitigno antico ormai scomparso che era stato importato e piantato dal loro avo, Sermone Vimercati.
Questi gli ingredienti. Carote, sedano, cipolline, melanzane, cetriolini, cavolfiori e peperoni, dopo averli lavati in acqua fredda, vengono tagliati in pezzi piccoli e poi messi in uno scolapasta per far perdere l’acqua. Quindi vengono fatti bollire per alcuni minuti in acqua salata, aceto di vino bianco per conferirgli la croccantezza. Poi vengono scolati per fargli perdere l’acqua e una volta freddi vengono messi in vasetti, avendo la cura di mettere un contenuto omogeno di tutti i pezzi delle verdure. Quindi si riempiono i vasetti con una mistura di olio e aceto di vino bianco, aggiungendo alloro, aglio e altre spezie a seconda del gusto che si vuole dare e anche di passata di pomodoro. Con qualche variante la giardiniera veniva fatta anche con la salsa di pomodoro e il tonno sott’olio, che arrivava nel cremasco attraverso la via del Sale e la strada Francigena. Il prodotto finito era di un antipasto gustoso che soddisfaceva tutti i palati.