Crema, 25 luglio 2023

(Luigi Dossena e Pier Giorgio Ruggeri) Federico I Hohenstaufen di Svevia, detto il Barbarossa e Crema. Odio e amore, prima odio e poi amore verso la nostra città, che distrugge nel 1160, neppure dopo cento anni dalla sua fondazione e poi fa ricostruire, 25 anni dopo, allargandone i confini. L'imperatore del Sacro romano impero (dal 1152 al 1190, anno della sua morte) cinge d'assedio Crema il 7 luglio 1159 e riesce a vincere la strenua resistenza dei cremaschi solo il 27 gennaio, mettendo fine al più lungo assedio del Medioevo. Barbarossa assalta Crema, convinto dai cremonesi nell'inverno del 1159 in un incontro a Casale Monferrato. A meno di cento anni dalla sua nascita Crema è già molto potente, è la testa di ponte di Milano contro Cremona; è la città rappresentativa dell'autonomia dei comuni (non vuole soggiacere a Cremona) e rappresenta una minaccia anche per il potere della Chiesa. Non a caso dei tre suggeritori del Barbarossa due sono ecclesiastici e tutti e tre di Crema. Dapprima, nel 1159, Barbarossa viene avvicinato da Guido da Crema, cardinale; quindi il 7 luglio, sotto le mura della città e nella tenda dell'imperatore c'è Oberto da Dovera, vescovo di Cremona e infine Enrico IV, ultimo signore di Crema.

Far cadere Crema per il Barbarossa è questione di prestigio. Non gli interessa mettere in ginocchio la città, ma sa che deve dare un segnale della sua potenza. Così comincia a studiare l'assedio, posiziona le truppe e mette a ferro e fuoco la città. Non riesce però a vincere la resistenza dei cremaschi. Non ce la fa neppure con le gigantesche torri (40 metri) costruite dal cremonese Tinto Muso de Gatta alle quali lega gli ostaggi cremaschi e alla fine passa solo grazie al tradimento di tal Marchisio (o Marchesi). Il 27 gennaio entra nella città e la distrugge, dopo aver concesso cinque giorni ai 20mila cremaschi asserragliati per andarsene.

Una volta distrutta la città, Barbarossa torna in Germania. Passano pochi anni quando una delegazione di cremaschi va a chiedergli di ricostruire Crema e l'imperatore, che in fondo non aveva molto in simpatia Cremona, accondiscende. Anzi, fa di più: nomina papa il cremasco Guido da Crema, che sale al soglio di Pietro con il nome di Pasquale III, ma è un antipapa e con l'arcivescovo di Milano Oberto Crivelli, che sarà papa Urbano III, il 7 maggio 1185 Barbarossa nel Duomo in parte ancora diroccato sancisce la rinascita della città e con l'aratro traccia il solco entro il quale sarà ricostruita, perimetro addirittura più grande della città distrutta 25 anni prima.

Barbarossa continuerà a essere imperatore del Sacro romano impero e partirà nel 1190 per una crociata, morendo miseramente annegato in un fiumiciattolo dove si era buttato il 10 giugno (giorno di S. Pantaleone, patrono di Crema) per rinfrescarsi dalla calura. Con tutta l'armatura che lo fece affondare e affogare. Quest'anno corrono i 900 anni della nascita dell'imperatore che volle prima abbattere e poi rifare la nostra città