Dal territorio, 17 luglio 2024

(Annalisa Andreini) Marubini tradizionali o rivisitati? 

A Cremona, si sa, il piatto principe della tavola è costituito dai marubini ai tre brodi, risalente al 1500 e certificato nel 2003 in collaborazione con alcune associazioni tra cui l’Accademia della cucina italiana, gli Amici della Cucina cremonese e altri appassionati di cucina. Un piatto simbolo del territorio che ne valorizza gli ingredienti con tutto il sapore delle feste e delle occasioni speciali. 

Una pasta fresca, classica con farina e uova, racchiude un ripieno di carne (brasato di spalla, arrosto di lonza di maiale, cervella di vitello lessata) che viene servita dai ristoranti locali con i tre brodi di gallina (o cappone, o pollo), manzo (biancostato) e spalla di maiale (o salame), preparati separatamente, con l’aggiunta di verdure e aromi.

I marubini, confezionati a mano in forma quadrata (anche se è tuttora viva la diatriba tra la forma quadrata o quella ad anello), vengono cotti per pochi minuti nei brodi filtrati e riuniti insieme e serviti caldi con una bella grattugiata finale di Grana stravecchio. 

I canoni dell’autentico ripieno e dell’autentico brodo delle tre carni sono a volte ancora oggetto di discussione.

Recentemente lo Chef Marco Prandini, patron del ristorante Quadrophenia di Cremona (conosciuto e apprezzato dai cittadini e dai turisti e che ha ottenuto menzioni in diverse guide), ha proposto una rivisitazione dei marubini, per poterli godere tutto l’anno, secondo le stagioni.

Ecco la sua proposta per l’estate 2024: marubini con 2-3 minuti di cottura saltati nel burro. Alla base del piatto una crema di peperoni (che si presenta colorata e lucida), un aitante pesto di prezzemolo e una Chips di Grana Padano per completare la decorazione. 

Un piatto che lo Chef ha anche presentato in occasione della cena di gala per la chiusura del Monteverdi Festival con ospiti illustri che hanno apprezzato.

Ma non solo: il piatto è arrivato con successo fino al Principato di Monaco: “Siamo riusciti ad arrivare oltralpe con un piatto della tradizione cremonese facendo conoscere il marubino fuori dal nostro territorio”, ha comunicato con orgoglio lo Chef Marco Prandini.

Ebbene, questa versione dei marubini asciutti ha scatenato l’inferno tra i puristi della tradizione e gli innovatori, gli “ancorati al passato arroccati tra le mura della tradizione” e chi cerca di “portare Cremona nel ventunesimo secolo”.

Per la verità non era neanche la prima volta che i marubini venivano rivisitati in asciutta, in altre proposte, anche fuori dalla città di Cremona.

Comunque gli Amici della Cucina, che hanno il compito sacrosanto di vigilare sulla ricetta tradizionale, non hanno apprezzato la rivisitazione, difendendo a spada tratta la versione classica. 

Lo Chef Prandini ha però sottolineato la sua finalità, che non era certo quella di sovvertire la tradizione ma piuttosto quella di cogliere un’occasione per non relegare il marubino solo ai pochi mesi invernali e proporre un’alternativa estiva, svincolata dal brodo caldo. Un modo per guardare al futuro e a nuove idee senza fossilizzarsi su una memoria passata. 

Una risposta interessante l'ha fornita Patrizia Signorini, cremonese doc ed esperta di gastronomia e storia della cucina locale nonché titolare di una famosa enoteca del centro, che ha evidenziato l’importanza di conservare l’essenza del marubino: “Condire il marubino fuori dal brodo mi sembra un’eccellente prova di creatività da parte del cuoco, che lavora con lo scopo di porgere al mondo un prodotto autenticamente cremonese in modalità attualizzate e adatte a gusti e tempi nuovi. Accanto alla cottura in brodo, che resta un nostro paradigma, avviare nuove sperimentazioni gastronomiche è segno di uno studio preliminare serio su come coniugare i canoni tradizionali legati alla nostra cultura locale con le nuove tendenze della cucina nazionale e internazionale”.