Crema, 11 luglio 2023

(Luigi Dossena e Pier Giorgio Ruggeri) La leggenda del drago Tarantasio e del lago Gerundo. Due binomi inscindibili che, poco dopo l'anno mille, hanno dato origine all'epopea milanese dei Visconti, ma prima anche a quella di Crema, con Enrico II. Ora, dovete sapere che Enrico II viene da Almenno, in provincia di Bergamo. Lì nel 1171 viene eretta una chiesa, dedicata al Santo Salvatore. Sempre lì viene deposta una costola di 2.6 metri che la leggenda vuole appartenere a un drago, quello sconfitto in epoche lontane da San Giorgio, difensore della chiesa. Ma il tempo appena citato è successivo di oltre cento anni l'epopea cremasca. Enrico II, con il padre Enrico I e la moglie Belisia fondatore di Crema nel 1066, ai bordi della palude del Moso, era a conoscenza di questa costola di drago, che era custodita in una chiesa precedente quella edificata ad Almenno, suo paese natale e di residenza prima di Cremosano e l'ha importata a Crema. Ci vuole sempre qualcosa di epico per conquistare l'animo della gente ed ecco nascere la leggenda del drago Tarantasio, del quale una costola esiste. Anzi, diremo di più, le costole erano addirittura quattro, in altrettanti siti (Sobreno, Pizzighettone e S. Bassiano a Lodi). E ancora. Oltre a Enrico II, si impossessa della leggenda anche Uberto Visconti da Milano, nato qui intorno al 1170 e morto circa nel 1248. Uberto è il capostipite dei Visconti signori di Milano. Il padre Ruggero era console della città, ma lui arriva a essere signore di Milano, oltre che feudatario e signore di Massino, Albizzate e di Besnate. Ma per dar lustro alla sua casata, si appropria della leggenda del drago Tarantasio e sparge la voce che è stato proprio lui a ucciderlo. Afferma che il drago si nutriva di bambini che incautamente arrivavano sulle rive della palude del Moso, ristagno d'acqua più profondo e infido di tutto quello che oggi è il cremasco. Di qui lo stemma dei Visconti a Milano, cioè il drago Tarantasio con in bocca un bambino.

E ancora: il lago Gerundo non è mai esistito. Appare in un documento datato 1204 (lago o mare Gerundo), ma possiamo affermare senza ombra di dubbio che il lago Gerundo non è altri che la palude del Moso. E ancora, anche oggi, chi ha voluto approfondire ha trovato reperti molto antichi, come resti di palafitte e valve di conchiglie gigantesche che potrebbero essere datate tre milioni di anni fa, all'epoca nella quale qui c'era il mar Mediterraneo.

Infine, tocca a S. Giorgio uccidere il drago e assurgere alla santità. Dove il drago rappresenta il male e San Giorgio la fede che prevale. Ma anche la Chiesa non riconosce a S. Giorgio di aver ucciso i drago, ma lo porta agli onori degli altari come martire cristiano del IV secolo.

E la costola del drago Tarantasio custodita nella chiesa del Santo Salvatore di Almenno? E' una costola di balena, anche lei appartenente al Pliocene (da 5.3 a 2.7 milioni di anni fa), dell'era Terziaria.