Crema News - Il nostro posto nel progetto di Dio

Cremasco, 20 ottobre 2024

XXIX ordinaria B

 La Parola: ​​Is 53,10-11  Sal 32  Eb 4,14-16 Mc 10,35-45

 Dal Vangelo secondo Marco ​​Mc 10,35-45

 In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Parola del Signore.

 

(Don Natale Grassi Scalvini) Tante volte, da giovani adolescenti, io e mio fratello abbiamo assistito il nostro buon parroco del paese nelle cerimonie religiose. Eravamo bravi a leggere, cantare, suonare l’organo, dirigere il coro, servire messa, insomma ci credevamo un po’ gli indispensabile della chiesa. Il peccato di orgoglio dei due figli di Zebedeo quindi lo capisco molto bene, come anche la reazione degli altri dieci che si arrabbiano non poco con i due fratelli. Ma anche senza essere in prima fila nel servire da volontari la chiesa nei suoi diversi momenti di vita, sia quelli più liturgici come anche quelli catechistici o di volontariato all’oratorio, credo che in realtà tutti noi abbiamo il desiderio di essere tenuti in particolare conto dal Signore e in fondo di meritarci un posto di rispetto tra gli amici di Gesù, per poter essere ascoltati nelle nostre preghiere e richieste.

La sua parola oggi non vuole certo affossare questa bella e legittima aspirazione, ma piuttosto indicarci la strada perché davvero questo possa avvenire e possiamo così trovare il posto d’onore che ci spetta accanto a lui. Ovvio che le richieste sue non sono affatto banali: essere servi, anzi schiavi degli altri, fino a dare la vita per loro. Ma questo sarebbe anche poco e certamente possibile se fosse poi lasciata a noi la scelta della misura del nostro servizio e della nostra capacità di mettere a disposizione la nostra vita per gli altri.

Il punto cruciale e spesso ricorrente negli insegnamenti di Gesù, per cui non possiamo proprio far finta di non averlo sentito, è che lui pone, come misura della vita del cristiano offerta a Dio e agli altri, quello che lui per primo ha fatto, spiazzando così ogni nostra possibilità e supponenza di essere a posto di fronte a lui. Forse per questo dobbiamo allora giustificare la nostra pigrizia e il nostro accontentarci di servirci della chiesa per i nostri bisogni spirituali senza impegnarci neanche un po’ per il servizio alla comunità del regno di Dio e a tutti gli uomini a cui dobbiamo portare l’annuncio del Vangelo?

La storia della Chiesa, a partire dagli apostoli e fino a quanti oggi sono in prima fila nell’offrire la propria vita per il vangelo e per i fratelli, come sono appunto i tanti missionari, preti, suore e laici, pronti anche a dare fisicamente la vita, almeno in alcuni Paesi a rischio, sta a dimostrare che invece è possibile davvero per tutti trovare il proprio posto nel progetto di Dio, perché il suo regno si espanda su tutta la terra e si rinnovi e rafforzi anche qui da noi. Non è necessario che ciascuno di noi parta per le Indie o le Americhe o l’Africa ad annunciare il vangelo, possiamo e dobbiamo infatti sentirci chiamati innanzitutto a portare in casa nostra, dai genitori ai figli e dai piccoli ai grandi, la dinamica quotidiana dell’annuncio del vangelo usando tutti i mezzi concreti a nostra disposizione e se serve, come insegnava San Francesco, anche con le parole, in modo che attorno a noi, in casa e nella nostra casa comune che è la comunità parrocchiale, si renda visibile l’amore di Dio per tutti e la presenza del suo regno che cresce al di la delle nostre mancanze e dei nostri limiti.

Tante volte penso al futuro della Chiesa non tanto ricca di ministeri e di esperti, quanto piuttosto di tanti semplici cristiani che senza bisogno di timbri e riconoscimenti, si mettano al servizio della comunità, pronti a superare la logica dell’andare in chiesa o all’oratorio quando ho qualche necessità o mi serve una parola buona o una spazio bello e sereno per aiutare i ragazzi a crescere bene. Ognuno deve essere pronto a mettersi, se non proprio sempre all’ultimo posto, almeno in lista per quelle che potrebbero essere le richieste o i bisogni della comunità e di ognuno dei suoi componenti, dagli anziani, per offrire loro sostegno e aiuto nelle difficoltà quotidiane dovute all’età e alla solitudine, fino ai più giovani, sempre bisognosi di una guida e di esempi coerenti di vita cristiana.