Ripalta Cremasca, 15 settembre 2024
(Sara Barbieri) Uggè, il nonno di Ripalta Cremascoa, compie 99 anni.
Attilio Uggè, classe 1925 e alpino della Monterosa, ha soffiato ieri le candeline per il suo 99esimo compleanno. Nato a San Michele di Ripalta Cremasca, Il 99enne ha alle spalle una vita tutt’altro che semplice. Ultimo di quattro figli, Attilio ha vissuto insieme a papà Michele e mamma Francesca Gritti di Ripalta Guerina. La sua avventura nel mondo del lavoro comincia ben presto, alla età di 15 anni, in Ferriera a Crema. Ma la vita per Attilio aveva in serbo altre sorprese: nel 1944, durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, racconta: “Mi venne recapitata la cartolina-precetto per partire per la caserma di Cremona - ricorda Attilio - e dopo due mesi è arrivato il trasferimento a Vercelli”. Qui il ripaltese è stato assegnato al reparto Alpini, divisione Monterosa. ”Dopo qualche settimana ci hanno caricato su carri bestiame del treno con soldati tedeschi e dopo due giorni di viaggio siamo arrivati al campo Münsingen, nel sud della Germania: qui restammo sei mesi in addestramento, tra freddo e fame”.
Nel luglio successivo, il rientro in Italia in una località ligure, Chiavari, come protezione anti-sbarco, seguita dall'ordine di spostarsi a piedi fino a Genova e infine un altro trasferimento per il fronte francese. È qui che il giovane alpino ha conosciuto Benvenuto Vailati, detto Nuto, di San Bernardino di Crema e con lui decise di tentare la fuga per unirsi ai partigiani. Dopo essere tornato a Crema per il Natale, venne però catturato dai fascisti il gennaio successivo e riportato a Chiavari per essere processato come disertore. Il Pm chiese 27 anni di galera, ma Attilio fu condannato a 24 anni. Era l'aprile del 1945: “Dopo due settimane di galera la guerra finì per tutti, ma non per noi alpini condannati dal Tribunale militare. Finisco in un campo di concentramento americano a Coltano (Pisa). Vi resto fino a ottobre del 1945. Poi, finalmente, torno libero al mio paese”.
La vita però non smette mai di sorprendere: in una gita organizzata dal comune ripaltese qualche anno fa, una delle tappe previste era proprio la città ligure dove 75 anni prima lo avevano condannato:”Lì mi sono fermato a chiacchierare con alcune persone in un bar e ho raccontato la storia. Della mia condanna non vi era alcuna traccia e, dopo la liberazione, nessuno aveva creduto alle mie parole. Però, proprio in quel bar, mi stava ascoltando Marco Branchetti, che sapeva dov’era l’archivio storico del tribunale di guerra che mi aveva giudicato e dove ho trovato tutta la storia del mio processo”.