Crema News - Buona Pasqua dai vescovi

Crema, 09 aprile 2023

Buona Pasqua dei vescovi delle tre diocesi che interessano il cremasco, Lodi, Cremona e Crema.


Monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema

"La diocesi di Crema sta per celebrare la Pasqua, cuore della vita cristiana, e al tempo stesso si prepara all’incontro con papa Francesco, sabato 15 aprile 2023. Più di duemila pellegrini cremaschi, rappresentanti di tutto il popolo di Dio che vive nella nostra diocesi, si stringeranno intorno al Papa… con quale aspettativa?

All’apostolo Pietro, poco prima della passione, Gesù aveva preannunciato il rinnegamento e, al tempo stesso, gli aveva fatto una promessa e affidato un incarico: «Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli» (Luca 22,30). In che cosa ci aspettiamo di essere “confermati”, nell’incontro con il Papa?

Secondo la tradizione cristiana più antica, Pietro è il primo testimone di Gesù risorto: «Cristo… è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa [cioè Pietro] e quindi ai Dodici…» (1Corinzi 15,3-4).

Raccogliendosi intorno al successore di Pietro, nel clima della Pasqua, la Chiesa di Crema si aspetta anzitutto di essere confermata nell’adesione al cuore della fede cristiana: Gesù Cristo, il crocifisso, è risorto, e vive per sempre! In ogni Papa, Pietro continua a proclamare la fede pasquale; con lui, anche la Chiesa cremasca non desidera se non proclamare questa fede e radicarsi di nuovo in essa.

L’augurio pasquale resta sempre e solo questo: il Signore Gesù è davvero risorto! A partire di qui, tutto può cambiare: può rinascere una speranza che non sia solo per questa vita, e che però, nell’incerta ricerca di un futuro vivibile, offra un buon orientamento; ci si può aprire a una libertà che non sia solo difesa dei propri interessi, ma possibilità di cercare il bene di tutti e con tutti; si può agire per una pace radicata nel perdono e nella riconciliazione (con Dio, e tra di noi), e che promuova una vera fraternità; si può cercare di preoccuparsi, nell’amore sincero, per la vita felice di tutti (e non solo per la nostra), a partire dalla consapevolezza dell’amore di Dio, più forte del male e della morte…

In molti, posso testimoniarlo, lo Spirito di Gesù Cristo, morto e risorto, è all’opera – il più delle volte con molta discrezione – con gesti quotidiani di risurrezione e vita nuova: la Pasqua di Gesù Cristo, morto e risorto, non è un’utopia, né una facile consolazione… Faccio a tutti l’augurio di celebrarla con gioia in questi giorni santi, di scoprirla operante nella propria vita, e di diventarne segno e testimoni gli uni per gli altri, in attesa di poter dire tutti insieme, guidati da papa Francesco: Cristo, mia speranza, è risorto e vive!

Buona santa Pasqua".


Daniele, vescovo


Monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona

Pasque di pandemia, pasque di guerra… basta! Quanta voglia abbiamo di una pasqua di gioia, nella pace, per la vita! E questa pasqua c’è, eccola, per tutti coloro che la sanno cercare e accogliere, non come una data ma come un dono. 

È il dono di sé, che Dio stesso ci fa, nel sì di suo Figlio Gesù alla volontà di salvezza e pace con cui Egli accompagna l’intricata storia umana, insanguinata di morte fratricida sin dall’inizio. Questo è il cuore della Pasqua, quella di Gesù e della Chiesa per il mondo, quella che celebriamo negli inesauribili riti della Settimana Santa, quella che sfida anche quest’anno le disgraziate forze del male, che cercano di avvelenare le falde della storia.

Dio compie sempre il miracolo della vita che, resiliente e risuscitata, è come la goccia che scava la roccia, come il fiore che spunta nel deserto, perché dalla croce, abitata con Gesù, la vita esce sempre più forte della morte!

La Pasqua ci dona di poter incontrare “Gesù per le strade”, come ho avuto la grazia di sperimentare nella visita pastorale e in tante altre occasioni, rallegrandomi per le mille testimonianze che i piccoli e i fragili gli rendono, magari senza saperlo.

Auguro a chi vive nelle nostre città e paesi di saperlo riconoscere nei bambini che si affacciano a cuore aperto sulla vita, per succhiarne tutta la gioia che cercano, imparando a giocare e crescere con gli altri, tutti fratelli. Nei malati, crocifissi che ci impongono una sosta pensosa, fatta di servizio e preghiera. Vedetelo negli amori osati da ragazzi e ragazze, impegnati generosamente nella casa, nel lavoro e nel tirar su i figli, amori spesso feriti ma toccati da una misericordia che cura, guarisce, riporta a casa.

Il passaggio pasquale di Gesù si veda nei cristiani, che con tenerezza e con pazienza accolgono gli altri, per gioire del dono che ciascuno, prima o poi, mette sulla tavola della comunità e del mondo intero.

È intrisa di Pasqua la nostra vita quotidiana, fatta di drammi su scala mondiale e familiare, ma sempre bella perché è nelle mani di Dio, che la riscatta e ce la rimette in mano come un fiore appena sbocciato. Seminiamo con abbondanza e fiducia queste gocce di rugiada, piccole lacrime di compassione, e non temeremo la siccità del cuore. Andiamo a cercare alla sorgente quella Pasqua di gioia che tutti desideriamo, e non sarà solo una vaga sensazione di primavera, ma un’esperienza reale che rigenera la vita. Ogni domenica questa potenza di cambiamento è lì, nel Vangelo e nel corpo di Cristo che si spezza e dona per la vita del mondo. Venite anche voi… e sarà sempre Pasqua di gioia e di vita.


+ Antonio, vescovo


Monsignor Maurizio Maltagliati, vescovo di Lodi

L’augurio pasquale all’intera comunità lodigiana parte quest’anno dalla cattedrale, con un’interessante rappresentazione secentesca del Risorto. Secondo una tradizione apocrifa, che lusingò padri della Chiesa e autori spirituali lungo i secoli, Cristo riservò la prima apparizione alla Madre. La scena è colma di serenità, anche se il vigore solenne e al contempo filiale del Crocifisso tornato in vita sembra contrastare la fatica della Madre. Solo corporea, in verità, perché sul suo volto traspare la “certa speranza”, di cui proprio Lei è segno nel cammino verso la pasqua eterna. Sono parole della fede cristiana. Le unisco alla preghiera, con la quale desidero accompagnare il ricordo per la città e l’intera terra lodigiana, senza distinzione alcuna se non spiace, avendo la “fortuna” di esserne il vescovo. È questo per me un convincimento ben motivato, vi assicuro! La Pasqua, domenica delle domeniche e festa delle feste, ci colloca nel cuore di un mistero che resiste nel tempo: quello della vita che dichiara inaccettabili il dolore e il morire e li sanziona con l’annuncio della risurrezione. La vita è sostenuta dal vangelo e da una tradizione, che a cominciare da quanti ebbero esperienza personale e poi ecclesiale del Risorto la incoraggiano a non demordere! È un’illusione? Siamo al credere o non credere, ma comunque vada il percorso di pensiero, di fede o di incredulità di ciascuno, alla coscienza, anche colta, non spiace senz’altro di lasciarsi lusingare da un incontro – magari solamente in sogno – coi soggetti del dipinto di Giovan Battista Trotti, detto il Malosso. 

Troppo consono all’umano e alle più intime aspirazioni e nostalgie è lo splendore che quel corpo risorto emana. Troppo consono è quell’abbraccio, che nel dipinto appare promesso più che donato, ma carico di forza comunicata con lo sguardo. Rialzando la Madre, quel Figlio dà prospettiva all’umanità e alla storia. I credenti nel Risorto considerano proprio quella giovane donna di Nazareth la custode della memoria e del futuro più sicuri per tutti. Da lei prese inizio un’umanità nuova, finalmente liberata dal non senso e orientata al pieno compimento dell’amore. La ritengono addirittura Madre del Dio, che si è fatto storia entrando fino in fondo nell’umano a snidarne la radicale debolezza per riportarlo alla “gloria”, che riposa già nell’intimo di ciascuno. Sono considerazioni non nuove ma possono interpellare positivamente l’esistenza se il pensiero ha il coraggio di avvicinarle alle perplessità e alle angosce che sempre ci accompagnano. In esse potrebbero aprire un varco e riaccendere quella ricerca di felicità, che ci piacerebbe trovasse risposte “adeguate”. Illusione? C’è chi dà la vita per questa visione offrendo una testimonianza senza pretese, che non nuoce – ovviamente secondo chi scrive – almeno verificare, magari ricordando che il suo cardine è il principale protagonista del nostro dipinto. Quel Figlio è presente tra noi in ogni espressione di umanità, nella cura per la sua dignità, nella fatica per la tutela della libertà, che è irrinunciabile, per ogni uomo e donna, comprendente l’orizzonte di una fraternità universale. 

La Pasqua, però, insegna il realismo. Il senso dell’incompiutezza è molto umano e spinge a camminare, a tentare, a riprendersi, istintivamente. La sua cifra esistenziale è decisiva per capire l’umano. Avvertiamo, infatti, l’incompiutezza nei traguardi, negli altri e – se siamo veritieri – in noi stessi. Perché questa incompiutezza, se non a motivo della percezione di un innato compimento radicato nella mente e nel cuore come qualcosa di irrinunciabile? Sant’Agostino usa questo argomento a riguardo della gioia: “Se tutti amiamo la gioia è perché, in qualche modo misterioso, l’abbiamo conosciuta; se infatti non l’avessimo conosciuta – se non fossimo fatti per essa – non l’ameremmo così” (Confessioni X,20). Non liberiamoci troppo presto dal credere, ostentando un’emancipazione che non possiamo garantirci. Acuta e vera è la celebre sentenza di Chesterton: “quando gli uomini non credono più in Dio non è che non credano più a nulla. Credono a tutto”. L’ho ritrovata con piacere sulla stampa in una riflessione laica di questi giorni, preoccupata di mettere in guardia dal sapere artificiale e dalla tecnologia indebitamente sacralizzati. 

Rimangono il bene e il male, che si contendono l’umano senza un garante. Non raramente si confondono tra loro. Negare il discernimento tra i due non è umano. Come possiamo minimizzare il conflitto tra bene e male? La pace colpita a morte alle porte d’Europa. L’esodo migratorio che riprende drammaticamente. Gli altri incalcolabili problemi dell’umanità. Quanti anche tra noi. Basterebbe il disagio giovanile a convincerci che abbiamo una responsabilità educativa epocale nel dire il bene distanziandoci da ciò che non lo è. Un garante è indispensabile. Che non sia fittizio, però. C’è una “Parola”, una “buona notizia” che forse non è da scartare. Nella notte di pasqua, i cristiani cantano di una pietra, che scartata in partenza è divenuta fondamento su cui edificare. Verifichiamo. Non da lontano. Avviciniamoci. Tendiamo la mano per primi. Scambiamoci le migliori aspirazioni. Condividiamo la fatica del vivere e del pensare, credendo e costruendo insieme una convivenza rispettosa e solidale. E sarà risurrezione e pace per tutti.


Maurizio, vescovo