Crema News - Da acqua a vino Il miracolo delle nozze di Cana

Cremasco, 19 dicembre 2025

II Domenica ordinaria C​

 La Parola: ​​Is 40,1-5.9-11  Sal 103  Tt 2,11-14;3,4-7  Lc 3,15-16.21-22:

 Dal Vangelo secondo GiovanniGv 2,1-11

 In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 

Parola del Signore.

 

(Don Natale Grassi Scalvini) Venerdì scorso abbiamo festeggiato sant’Antonio abate, protettore degli animali domestici e com’è tradizione, a Trezzolasco abbiamo bruciato il falò dopo la S. Messa serale. Altra bella tradizione rispettata anche quest’anno nella nostra piccola ma accogliente parrocchia, è stata l’offerta ai presenti di tante buone frittelle, oserei quasi dire addirittura troppe. Forse avevano già presente il Vangelo di questa domenica in cui Gesù, verso la fine di una grande festa di nozze, quando ormai di vino ne avevano già bevuto abbastanza, visto che pare l’avessero finito tutto, invece di aggiungere qualche litro per finire in bellezza, ne aggiunge più di cinquecento litri. Davvero esagerato anche lui. Va bene iniziare con un bel segno ma forse ha voluto strafare. Però visto che doveva essere un segno dell’arrivo della gioia e dell’abbondanza dei tempi messianici, non poteva che essere così: una quantità smisurata grande come l’amore di Dio per gli uomini.

Ma nonostante tutta questa abbondanza, che certamente attira l’attenzione oggi come allora, in realtà il centro del racconto e il motivo principale di riflessione e di gioia per i discepoli e per tutti noi è che Gesù in questo modo si manifesta come il vero Sposo, colui che da il vino più buono e in quantità smisurata perché vuole instaurare un patto nuziale nuovo ed eterno con il suo popolo. Inoltre, se è chiarissimo che Gesù ci tiene a presentarsi come lo sposo, riprendendo e sottolineando il bellissimo esempio già cantato tante volte dai profeti, dobbiamo subito riconoscere che in questa similitudine noi tutti suoi seguaci, a partire dagli apostoli, rappresentiamo la sua sposa.

Certo che se vogliamo essere degna sposa di uno sposo così eccezionale dobbiamo fare di tutto per poter essere pronti ad accoglierlo con tutto noi stessi e pronti ad ascoltare la sua parola e a condividere in tutto la sua vita. Proponendoci questa similitudine proprio all’inizio della sua missione di maestro e salvatore degli uomini, sembra quasi che Gesù voglia assicurarsi da parte nostra non solo una riposta corrispondente alla sua generosa offerta d’amore, compiuta nel dare tutta la sua vita per la nostra salvezza, ma soprattutto un atteggiamento concreto di opere e parole capaci di ripresentare al mondo di oggi i suoi esempi e le tante sue attenzioni ai poveri e agli ultimi del suo tempo.

L’evangelista Giovanni ci ricorda però subito che in realtà la nostra partecipazione alle opere di Cristo e l’imitazione concreta dei suoi esempi di amore può avvenire solo se c’è prima un fondamentale atto di fede in lui. Infatti non ci dice che i discepoli si mettono subito ad agire come lui, ma che per prima cosa, dopo aver compreso il segno che manifesta la presenza del Messia, credono in lui e da questo momento in poi la loro vita non sarà più la stessa e diventeranno sempre più una cosa sola con il loro Signore, proprio come lo sposo con la sposa.

Forse l’esempio ci sembra fin troppo ardito e gigantesco, perché nessuno di noi pensa di poter vivere in comunione così stretta con Gesù come farebbero due sposi. Eppure Gesù ci invita proprio a questo e fin dall’inizio della sua missione, quasi anticipando quel tremendo gesto finale di dare il suo corpo da mangiare, come segno concreto e unico dell’incredibile rapporto di comunione che lui desidera da ciascuno di noi. Se dunque tra poco andiamo a ricevere l’eucarestia ricordiamoci che così noi rinnoviamo concretamente il nostro patto di amore con lui, quasi un patto nuziale che ci obbliga poi a vivere quotidianamente come se fossimo una cosa sola con lui, sapendo che adesso la sua presenza in questo mondo materiale dipende proprio dalle nostre parole e dalle nostre azioni.

Questo impegno ci può forse spaventare ma non deve giustificare un nostro rifiuto, perché incapaci di seguire un esempio così grande ma piuttosto ci deve spingere, aiutati dalla sua presenza in noi, a diventare davvero segni dell’amore di Dio per tutti gli uomini del nostro tempo.