Crema, 29 luglio 2024
(Annalisa Andreini) Chi non ama le lasagne?
Ma le vere lasagne alla bolognese: diffidate delle imitazioni.
Oggi è la giornata mondiale del piatto forse più celebre della tradizione italiana, la cui ricetta è stata depositata alla Camera di Commercio di Bologna ad opera dell’Accademia Italiana della Cucina.
Le versioni, le paternità e le diatribe culinarie, sono tante, come sempre in questi casi ma tre restano gli ingredienti insindacabili delle lasagne secondo la ricetta storica e originale: pasta fresca all’uovo, ragù e besciamella.
Partiamo dalla pasta, che affonda le sue radici nel mondo greco-romano con i termini “laganon” e “laganum”: sfoglie quadrate o rettangolari preparate con un impasto di farina di grano (senza uovo), successivamente cotte al forno e farcite con tanta carne. Il formaggio farà la sua prima comparsa nel ricettario Liber de Coquina all’interno della Corte Angioina napoletana. Siamo nel 1400.
Poi è la volta della comparsa del pomodoro, in un altro ricettario napoletano di fine Ottocento, Il Principe dei cuochi.
Da Napoli ci si sposta a Bologna fra le pagine del libro pubblicato da Francesco Zambrini (Il libro della cucina del secolo XIV) che parla per la prima volta delle lasagne a strati (almeno cinque), requisito fondamentale per questo piatto e sovente dimenticato dalle massaie moderne.
La vera lasagna alla bolognese ha la sfoglia verde, come scrive chiaramente Paolo Monelli nel testo Il Ghiottone errante di inizio Novecento.
Quindi, per preparare la sfoglia sottile (meno di un millimetro), si impastano farina, uova e spinaci lessati, ben strizzati e passati al setaccio. Armati di mattarello si stenderà la pallina ricavata ottenendo una bella sfoglia. A questo punto si andranno a creare delle strisce e successivamente dei larghi quadrati che finiranno lessati in acqua (brevemente) e poi stesi sopra un canovaccio in modo delicato.
La preparazione del ragù alla bolognese invece è un vero e proprio rito da rispettare: pancetta, un po’ di olio e burro in una casseruola accoglieranno le verdure classiche del soffritto (carota, sedano e cipolla), che appassiranno dolcemente lasciandosi avvolgere dai sapori coinvolgenti dei grassi.
Ecco arrivare ora la grande protagonista: la carne di polpa di manzo macinata in modo grossolano, che andrà sfumata con il vino bianco secco. Dopo che il vino sarà evaporato, aggiungere la passata di pomodoro (se fatta in casa, meglio) e fare sobbollire lentamente per almeno due ore, aggiungendo del brodo se necessario. Ora il tocco speciale che pochi conoscono: l’aggiunta del latte intero che smorzerà la parte acida del pomodoro. Salare e pepare e fare sobbollire ancora per un’oretta. Tre ore di profumi che avvolgeranno la casa.
Rimane solo l’ultimo ingrediente: la golosa besciamella, che tanti ritengono complessa da realizzare, ma seguendo le corrette istruzioni non lo è. Si dovrà sciogliere del burro di buona qualità in una casseruola, sempre a fuoco basso, aggiungere la farina setacciata poco alla volta mescolando con particolare attenzione. Versare poi il latte intero (intiepidito), un pizzico di sale e una decisa spolverata di noce moscata. E il gioco è fatto.
Comincia poi la parte più bella della ricetta: la composizione della teglia.
Imburrare la base e poi via libera ai vari strati di pasta alternati a quelli di ragù e besciamella con abbondanti piogge di formaggio grattugiato. L’ultimo strato sarà il più prezioso e andrà abbellito con tanta cremosa besciamella e fiocchetti di burro, che creeranno quella deliziosa crosticina dorata tanto amata dai commensali.
Non resta che infornare per mezz’ora a 170 gradi centigradi( la temperatura può variare dalla tipologia del forno).
È il piatto della domenica, delle mani sapienti e amorevoli, che sa avvolgere la tavola col suo calore familiare ed è capace di grande convivialità.